Imane Khelif è in finale. Dopo tutto il fango, le offese, il bullismo ricevuto, la pugile algerina combatterà per l’oro olimpico. La vicenda merita una risposta, anche a chi, persino in Valle d’Aosta, in questi giorni ha espresso pareri su argomenti a loro ignoti e per i quali non si ci è premuratə di informarsi.
La sovraesposizione mediatica, violenta e morbosa, ha portato a uno scrutinio tale nei confronti dell’atleta da costringerla a pubblicare addirittura le sue foto da bambina, a dimostrare di essere donna, assegnata femmina alla nascita.
A nulla sono servite le parole di Mark Adams, portavoce del CIO, che ha specificato che «è nata donna, è registrata come donna, ha il passaporto di una donna. Non si tratta di un caso transgender», né quelle del genetista Bruno Dallapiccola, che ha ricordato come nello sport «il testosterone è un fattore, ma ci vuole anche altro: talento, tecnica, allenamenti»; affermazioni che hanno ulteriormente screditato le già precarie posizioni dell’International Boxing Association, la Federazione esclusa dal CIO a causa di ripetuti scandali arbitrali e corruzione (e, pertanto, non proprio attendibile né autorevole).
Chi polemizza ignora il regolamento che detta il livello di testosterone con il quale un’atleta donna può gareggiare, un cut off per le donne trans* che a volte ha messo in difficoltà la carriera delle donne cis o intersex (andate a cercare Caster Semenya e gli altri casi: riguardano donne “non occidentali”, perché la presunzione coloniale non è mai tramontata).
Imane Khelif, secondo le autorità competenti, ha tutto il diritto di gareggiare e i “benpensanti” disinformati dovrebbero, prima di parlare, informarsi correttamente e documentarsi, invece che insistere sulla sua squalifica.
L’odio per le persone trans* è tale che, anche quando non sono presenti, si trovano nel mirino con l’accusa di aver intrapreso il percorso di affermazione di genere “per poter vincere”, escluse dalla categoria delle “donne vere”, ignorando la loro sofferenza, i loro bisogni, la loro dignità e negando le loro identità.
Per chi si preoccupa per l’ideologia gender (che, ribadiamo, non esiste!), state pure tranquillə e cercate di godervi l’evento sportivo; per una volta, almeno, mettete da parte l’ossessione per i genitali e cromosomi altrui e abbiate rispetto per i sani valori sportivi.
Vai, sorella #Imane. Conquista l’oro. Conquista il mondo!