In occasione della Giornata internazionale contro l’omobitransfobia, l’Unione Europea, su iniziativa della presidenza di turno belga, ha presentato una dichiarazione per la promozione delle politiche europee a favore della comunità LGBTQIA+.
L’Italia, recentemente classificata dall’ILGA Europe al 36esimo posto su 49 Paesi nell’indagine sulle violazioni dei diritti queer, è uno dei nove paesi dell’Unione a non aver sottoscritto questo importante documento di promozione dei diritti. Questo conferma la tendenza dell’attuale Governo italiano di ostacolare la conquista della piena cittadinanza per le persone della comunità LGBTQIA+. Questa decisione, nonostante le parole vuote di Meloni o i post Instagram di Atreju, sono state sottolineata dalla ministra Roccella: l’Italia non avrebbe firmato perché il documento ricorderebbe l’oramai sepolto DDL Zan (con quella identità di genere che spaventa più di una pandemia) e perché l’omobitransfobia non è considerata come un reale problema sociale, culturale o politico ma perché, sempre secondo la nostra ministra della Famiglia, è una specie di “cavallo di Troia” per la “sinistra” (non meglio identificata), che vuole contrabbandare il “gender” (che non esiste ma vabbè, oramai è un loro feticcio).
Questa decisione, oltre a essere l’ennesima violenza istituzionale nei confronti della comunità queer italiana, è un chiaro monito per le imminenti Elezioni europee, che decideranno quale idea e quale progetto abbiamo per la nostra comunità unica.